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24 Marzo 2018 by Marco

Privacy: quando anche la tua voce è conservata in qualche server

Da quando il mio professore del Politecnico di Torino, Daniele Mazzocchi, nel lontano 2004, mi ha spiegato il funzionamento dei cookie, della privacy, della tracciabilità del dato e la criptografia asimmetrica, ho cominciato a sviluppare consapevolezza del funzionamento della rete e delle possibili implicazioni nel lungo termine.

Da allora, ho provato a sensibilizzare i miei amici (con scarso successo) sulle tematiche di privacy e sul controllo dei propri dati.

Ad eccezione di pochi, le reazioni più classiche sono state e continuano ad essere:

“Non ho nulla da nascondere!”  “A chi dovrebbe mai interessare che cosa faccio io”  “Ma #chissenefrega!”.

Il caso Cambridge Analytica, ha magicamente risvegliato una certa attenzione alla privacy e ai dati:

#DeleteFacebook ! Bisogna avere il controllo dei propri dati! I social network devono basarsi sulla blockchain!  Decentralizziamo tutto!

…e altri svariati vaneggiamenti anacronistici.

Fa abbastanza ridere che durante gli ultimi dieci anni, tutti abbiamo dato il nostro consenso all’utilizzo dei dati per le peggiori stronzate (dalle mail gratis ai giochini perditempo), per poi svegliarci una mattina ed essere sorpresi di come siano stati utilizzati!

Oggi è impensabile immaginare il capitalismo senza la mediazione della rete e, soprattutto, senza che attinga al suo strato informativo: i dati degli utenti.

Per chi sviluppa e distribuisce in rete è più conveniente offrire gratuitamente prodotti e servizi, chiedendo il consenso al trattamento dei dati, che farsi pagare direttamente dall’utente e garantirgli una vera privacy e tutela delle proprie informazioni personali.

Il pattern che si ripete è sempre lo stesso.

  1. Se non si accettano tutti i term and conditions non si può usare il servizio che viene offerto gratuitamente in rete.
  2. È tutto super legale e super trasparente! Peccato che venga spiegato in quel  papiro che si dovrebbe leggere prima di registrarsi ad un servizio.
  3. Essendo tutto gratuito, la maggior parte di noi è disposta ad accettare che i propri dati vengano utilizzati per altri fini.
  4. Chi fornisce i prodotti e servizi, richiede sempre più dati all’utente, sostenendo che lo fa nell’interesse dello stesso, al fine di offrirgli un servizio o un’esperienza d’uso migliore. Tutto vero, ma lo scopo è un altro.  Non è detto che coincida con il “bene” dell’utente.
  5. I nostri dati vengono usati per profilarci in maniera sempre più specifica e targettizzate le campagne marketing.
  6. Questa ormai è la prassi e nella maggior parte dei casi non esistono alternative.

Privacy: anche la vostra voce è registrata in qualche data center

Stressiamo un pò il concetto, per vedere dove siamo arrivati.

Se avete un account Google, andate su  My Activity Google.

Ecco questa incredibile cronologia della vostra vita digitale!

Qui si può scorrere tutto (ma proprio tutto) quello che un utente ha fatto online:

  • con il proprio cellulare Android,
  • con il PC (se connesso a Google),
  • addirittura i vostri comandi vocali!
Google My Activity

Google My Activity – potete ricercare e visualizzare le “richieste vocali” che avete fatto con l’assistente di Google

Si questo fa decisamente più effetto!

Se parliamo all’assistente Google, la nostra voce viene registrata e conservata sui server di Google.

In questi casi un pò estremi, dove sei pesantemente tracciato, esiste sempre l’opportunità di cancellare e disabilitare questi servizi, ma la grande massa non ne è a conoscenza, non sa come farlo, o non gli interessa farlo!

Ho citato Google, ma sono sicuro che qualcosa di analogo esiste anche per Microsoft e Apple, più o meno accessibile agli utenti.


Mettiamoci il cuore in pace: la Privacy non esiste più! O comunque esiste sempre meno!

Difficilmente potremmo riaverla Indietro!

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